Nepal

La condizione femminile in Nepal è, ancora oggi, drammatica: discriminazione e violenza di genere sono, infatti, pratiche tristemente diffuse in tutto il Paese. 

Fattori culturali, religiosi ed economici favoriscono da sempre il dominio maschile in ogni campo, contribuendo a relegare la donna – sin dalla sua nascita – a posizioni di mera subalternità alle figure maschili che la circondano, rendendola facile vittima di comportamenti vessatori. 

Fattori culturali

Nel contesto culturale nepalese, infatti, la nascita di una figlia è evento spesso accolto con rammarico, se non come segno di imminente sfortuna. Una figlia è considerata un peso per la famiglia, che ha il dovere di crescerla fino a quando non sarà pronta per il matrimonio, momento in cui verrà irrevocabilmente “ceduta” alla famiglia del marito. 

La figlia che viene data in sposa, quindi, passa dalla famiglia d’origine a quella del marito, ove vige una severa gerarchia che la confina a posizione di serva di tutti e, come tale, estremamente vulnerabile. Inoltre, la pratica tradizionale del child marriage (ossia combinare matrimoni tra minori) e della dote contribuiscono a creare terreno ancor più fertile per violenze e angherie. Non di rado, infatti, le neo-spose si trovano loro malgrado ad essere oggetto di recriminazioni e rancori a causa di una dote insoddisfacente.

Tradizioni religiose

Le stesse tradizioni religiose, o meglio la lettura in chiave patriarcale che ne è stata data, ha avuto una profonda influenza nel definire il ruolo subordinato che la donna riveste all’interno della famiglia e dell’intera società nepalese. Il marito, infatti, è considerato Maestro e Dio della propria moglie, la quale ne è serva e schiava per tutta la vita. 

In alcune zone occidentali del Paese, poi, la condizione femminile è ancora più grave. Qui, infatti, sebbene ufficialmente vietata da anni, vige ancora la tradizione del Chaupadi, secondo cui una donna durante il ciclo mestruale e prima e dopo il parto è considerata impura e non può avvicinarsi ad altre persone, in particolare di sesso maschile. In questi casi le donne vengono costrette a dormire isolate dal resto della famiglia, in stalle o in capanne, dove è facile cadere vittime di polmoniti, diarrea o attacchi di bestie feroci e serpenti. Il timore di far arrabbiare gli dei, con gravi conseguenze per l’intera comunità, impedisce tuttavia alle donne di opporsi al loro destino e a quello riservato alle loro figlie. 

Il sistema gerarchico delle caste

Ad aggravare il già desolante panorama, va ad aggiungersi il sistema gerarchico delle caste, ancora attuale e vivo nella società Nepalese. Ci sono, quindi, categorie di donne che vivono una discriminazione ancor più grave di quella sino ad ora descritta: le donne Dalit.

Ad esse, ossia alle donne intoccabili, infatti, è negato l’accesso a numerosi diritti fondamentali. È, ad esempio, fatto loro divieto di sedersi vicino ai membri delle caste più elevate all’interno dei templi, abbeverarsi alle fonti pubbliche e persino accomodarsi in alcuni ristoranti. Appena tollerate se instancabili lavoratrici, le donne Dalit sono tenute comunque a gran distanza dalle famiglie dove si trovano a prestare i propri servizi. In alcune case è vietato loro l’ingresso soprattutto in cucina, dato che la tradizione vuole che il cibo toccato dai Dalit diventi impuro e quindi non più commestibile.

Fattori economici 

Quale ulteriore conseguenza dell’assoluta superiorità maschile va annoverata infine la totale dipendenza economica della donna dal marito. Dipendenza che rende difficile, se non impossibile, per la donna affrancarsi dal dominio maschile anche quando le angherie e le vessazioni nei suoi confronti sono gravi e quotidiane. Se a questo aggiungiamo lo stigma sociale a cui la donna è esposta nel caso in cui decida di vivere da sola, le opportunità di un riscatto sociale diventano minime. 

Intollerabile violenza quotidiana

L’estrema povertà, la dilagante disoccupazione e la diffusione dell’alcolismo contribuiscono a creare terreno ancor più fertile per le innumerevoli violenze perpetrate nei confronti delle donne in seno alla famiglia. Il sistema normativo e giudiziario nepalese, poi, non fornisce ancora efficaci rimedi per contrastare e punire la violenza domestica e gli episodi di aperta discriminazione. Salvo che la violenza non si concluda con la morte o il tentato omicidio della donna, è raro che le autorità perseguano il marito (o il padre o il fratello ecc..) violento. Infine, la poligamia, ufficialmente illegale ma vastamente praticata e tollerata in Nepal, è considerata dalle donne stesse una delle più diffuse cause di violenze e discriminazioni nei loro confronti. Spesso, infatti, gli uomini che si risposano trattano in maniera del tutto iniqua la prima moglie. 

Nel 2010 una preliminare mappatura dei casi di violenza di genere nel Paese ha dimostrato come le donne di tutte le età siano vittime di varie forme di abusi fisici, sessuali e psicologici. Nel 2011 il Censimento Nepalese sulla Popolazione e la Salute ha rivelato che in Nepal 1 donna su 5 in età riproduttiva (15-49 anni) ha subito almeno una violenza fisica durante la propria vita e più di 1 su 10 è stata vittima di violenza sessuale. Secondo un altro studio del 2014, quasi 1 adolescente su 2 crede che le donne dovrebbero tollerare le violenze per mantenere l’armonia familiare; 1 donna sposata su 6 ha subito violenza fisica e 1 su 3 è stata costretta almeno una volta a fare sesso con il marito contro la propria volontà.

La maggior parte delle vittime (il 75%) non cerca alcun aiuto e solamente il 7% delle donne che hanno subito violenza sessuale denuncia l’accaduto. 

Nonostante l’impegno profuso da parte del governo mediante la ratificazione di importanti convenzioni quali CEDAW (Convention on the Elimination of all Forms of Discrimination Against Women) e BPFA (Beijing Platfom For Action) e l’apertura in svariate parti del Paese di strutture (safe home) per assistere donne sopravvissute alle violenze, i servizi forniti dalle strutture governative sono di qualità scarsa, la Polizia e il personale ospedaliero non sono sufficientemente formati per riconoscere e gestire efficacemente i casi di violenza e così, la violenza di genere rimane uno dei più gravi problemi che il Nepal deve affrontare oggi basti pensare che  la violenza di genere è la principale ragione dei suicidi che sono, a loro volta, la prima causa di morte tra le donne nepalesi in età riproduttiva.

Per contribuire al raggiungimento di una piena parità di genere in Nepal, abbiamo elaborato la nostra Teoria del Cambiamento, individuando delle aree di intervento grazie alle quali intendiamo aiutare individui e comunità ad abbattere gli ostacoli che impediscono loro di raggiungere una piena parità di genere, compromettendo il benessere e la qualità stessa della vita.

In particolare:

  • attraverso progetti di prevenzione e risposta alla violenza di genere garantiamo il nostro supporto con numerosi servizi (legali, medici, supporto psico-sociale ed economico), per soddisfare le necessità di tutte le sopravvissute accolte nelle nostre strutture e realizziamo programmi di prevenzione di vario tipo (educazione legale, economico-finanziaria, etc..) nelle comunità.
  • grazie a progetti rivolti all’ empowerment economico ci impegniamo a ridurre la disparità tra uomo e donna, aiutando al contempo le donne coinvolte ad acquisire sicurezza e indipendenza mediante l’avvio di microimprese femminili, individuali o collettive;
  • nell’ambito dell’educazione garantiamo l’istruzione di bambine e bambini vulnerabili, promuoviamo corsi di educazione non formale e alfabetizzazione di donne adulte, centrati sulla conoscenza dei propri diritti, per sviluppare una maggiore consapevolezza e autostima di sé ed accompagniamo le scuole e le comunità su percorsi volti a farle diventare sensibili alle questioni di genere.
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