Italia

Da sempre impegnata in prima linea per la difesa dei diritti delle donne e con una lunga esperienza maturata in Nepal, a partire dal 2019 Apeiron ha iniziato ad orientare il proprio intervento anche in Italia. 

Sebbene declinate in maniera diversa da quelle nepalesi per via di un contesto estremamente differente, le disparità di genere rimangono rilevanti anche in Italia, caratterizzando molteplici ambiti del vivere quotidiano: il mercato del lavoro, la partecipazione a processi decisionali, l’istruzione e l’accesso alla salute.

La distanza tra l’ideale di una società equa – dove gli individui hanno accesso a pari opportunità ed esperienze e sono liberi di esprimere il proprio potenziale, a prescindere dall’identità (religiosa, di genere, sessuale…) – e la realtà nella quale viviamo anche in Italia è quindi tanto evidente quanto persistente. 

Otteniamo una fotografia ancora più impietosa se la osserviamo alla luce della rottura storica che l’emergenza Covid-19 ha rappresentato a livello mondiale. Nonostante sia impossibile fare un’analisi esaustiva di un mutamento sociale ancora in atto, diverse ricerche hanno rilevato come la pandemia abbia inciso in maniera significativa, palesando con inatteso vigore le disparità presenti in tutte le fasce di età e le disuguaglianze sociali che ne derivano.

Le diseguaglianze di genere non si sottraggono a questa tendenza generale, anzi, secondo le Nazioni Unite la diffusione della pandemia sta mettendo a grave rischio anche i pochi traguardi raggiunti negli ultimi decenni

Disuguaglianze sul lavoro

La misura con cui le crisi come quella attuale producono effetti dannosi e duraturi in maniera sproporzionata sulle donne (sulla loro salute mentale e fisica, così come sul loro benessere socio-economico) è allarmante. 

In Italia, in ambito occupazionale, ad esempio, sono state senza dubbio le donne ad essere maggiormente penalizzate: la percentuale di quelle che hanno perso il lavoro nel 2020 è stata doppia rispetto a quella degli uomini (dati ISTAT). Sono state anche molte di più le donne che hanno fatto ricorso alla Cassa integrazione e che si sono viste costrette ad attivare lo smart working emergenziale per far fronte all’improvvisa chiusura dei servizi educativi (58%, contro il 23% degli uomini).

Anche analizzando in ottica di genere i dati sugli strumenti di assistenza per minori (ad esempio i “bonus babysitter”), la richiesta è partita principalmente dalle donne, a conferma del fatto che il lavoro di cura in genere, e l’occuparsi dei figli in particolare resta una responsabilità essenzialmente femminile.

La situazione oggi è certamente peggiorata, ma era preoccupante anche prima della pandemia: metà stipendio, meno possibilità di occupazione e differenze di redditi è lo sconfortante quadro delle disuguaglianze di genere che colpiscono le donne nel mondo del lavoro da sempre.

Il difficile equilibrio tra vita e lavoro (basti pensare che il 74% delle donne dichiara di non riuscire a condividere con il partner nessun lavoro domestico) costringe ancora oggi le donne a una scelta drastica che si concretizza nella rinuncia al lavoro, ad opportunità di carriera o di formazione.  Secondo i dati diffusi a giugno 2020 dall’Ispettorato del lavoro, più di 51 mila neo-genitori si sono dimessi dal lavoro nel 2019: 7 su 10 erano donne. Nonostante il 56% dei laureati italiana sia di sesso femminile, sono gli uomini a fare carriera e ad occupare posizioni maggiormente retribuite (dati Eurostat). L’Italia occupa il 70esimo posto nella classifica del World Economic Forum, registrando un alto livello di disparità nella rappresentanza politica sia in termini di quantità sia di età rispetto agli uomini, oltre che nel salario e nelle possibilità di crescita professionale.

Stereotipi di genere diffusi e pervasivi

Nel 2020, l’osservatorio Mutamenti Sociali in Atto Covid-19 (MSA-COVID19) ha condotto un’indagine, dalla quale emerge chiaramente come anche nella fase più critica e incerta del lockdown gli atteggiamenti e gli stereotipi legati ai ruoli di genere hanno continuato a permeare pensieri e comportamenti nella società italiana. 

Alla forza di tali condizionamenti non si sottraggono nemmeno le giovani generazioni: secondo alcune ricerche 4 adolescenti italiani su 10 ancora ritengono che debba essere l’uomo a mantenere la famiglia (di cui anche il 25% delle studentesse) e 1 maschio su 4 reputa che sia l’uomo a dover comandare in casa. Solo la constatazione che l’uomo deve svolgere le faccende domestiche (90% dei giovani) consente un superamento di tali atteggiamenti. In ambito scolastico, inoltre, le ragazze sono vittime privilegiate di varie forme di discriminazione e violenza: esclusione dal gruppo, insulti per l’aspetto fisico, offese in quanto donna. L’atteggiamento verso il sessismo è mediamente tollerato, ovvero ritenuto degno di rispetto e non giudicabile negativamente se non contestualizzato, da almeno uno studente su 10 (13,4% maschi contro il 5,4% delle femmine). Ancora più elevato è il livello di tolleranza all’omofobia: presente addirittura in 1 adolescente su 4 (32,7% dei maschi e 14,6% delle femmine).

Anche nel caso degli stereotipi, la gravità della situazione è ora diventata più evidente, ma era decisamente sconfortante anche prima dell’arrivo della pandemia. Dati ISTAT raccolti prima della diffusione del coronavirus, infatti, mostravano che gli stereotipi sui ruoli di genere erano presenti nel 58,8% della popolazione, senza particolari differenze tra uomini e donne, più diffusi al crescere dell’età e tra i meno istruiti. I più comuni erano: “per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro” (32,5%), “gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche” (31,5%), “è l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia” (27,9%). Quello meno diffuso è “spetta all’uomo prendere le decisioni più importanti riguardanti la famiglia” (8,8%).

Secondo una ricerca del 2019, commissionata da D.i.re e condotta su un campione di duemila italiani/e dai 18 anni in su, le donne lavorano in media circa sei ore e mezza in più degli uomini, ogni giorno, poiché al carico di lavoro professionale si aggiunge quello familiare (cura della casa, accudimento dei figli/e delle persone anziane). Secondo questa ricerca, inoltre, un uomo su cinque (19,1%) pensa che le donne dovrebbero stare a casa per prendersi cura della famiglia anziché essere impegnate in attività fuori dalle mura domestiche.

Violenza di genere

Anche se con modalità e forme differenti rispetto al Nepal, in Italia le violenze di genere e le discriminazioni sono all’ordine del giorno. Nel 2020 ci sono stati 102 i femminicidi, nell’85% dei casi in famiglia, per mano di partner o ex partner. Secondo recenti dati Istat (2017), 1 donna su 1000 si è rivolta a un centro antiviolenza e due su tre di loro hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Il rapporto della Polizia di Stato rileva che nel mese di marzo 2019, in media, ogni 15 minuti è stata registrata una vittima di violenza di genere di sesso femminile.  Gli ultimi dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne tra i 16 ed i 70 anni ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. 

Inquietante è il numero di stupri ed il fatto che nel 62,7% dei casi siano stati commessi da partner. Ancora oggi il concetto di stupro è influenzato da alcuni stereotipi culturali, legati alla violenza sessuale e all’aggressività fisica. Si parla sempre più spesso di Rape Culture (Cultura dello Stupro) che colpisce tutte le donne che si trovano spesso a dover limitare i propri comportamenti per paura: di dover tornare a casa da sole, di aver indossato l’abito sbagliato, di aver incitato inconsciamente comportamenti o commenti sessisti.  Secondo alcuni dati di una ricerca Ipsos, condotta nel 2019 in collaborazione con la Cornell University e L’Oreal Paris, il 78% delle donne ha subìto molestie sessuali in spazi pubblici, mentre solo il 25% delle vittime dichiara di aver ricevuto aiuto. In generale l’86% non sa cosa fare quando si verificano episodi di questo tipo. Il quadro si fa ancor più sconfortante a causa del persistere del pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale. 

Ma vi è di più. Oltre alla violenza fisica o sessuale, le donne con un partner subiscono anche violenza psicologica ed economica, cioè comportamenti di umiliazione, svalorizzazione, controllo ed intimidazione, nonché di privazione o limitazione nell’accesso alle proprie disponibilità economiche o della famiglia. Infine, l’Istat mostra che una percentuale non trascurabile di donne ha subìto anche atti persecutori (stalking). Si stima che il 21,5% delle donne fra i 16 e i 70 anni abbia subito comportamenti persecutori da parte di un ex partner nell’arco della propria vita. 

Alla luce di quanto esposto, non possiamo stupirci quindi se per l’indice sull’uguaglianza di genere, uno strumento di misurazione sviluppato dall’EIGE (European Institute for Gender Equality), il nostro paese continua a presentare, sia a livello complessivo che di singoli domini, quasi sempre punteggi sotto la media dell’Unione Europea.

L’impatto del Covid ha dunque esasperato e reso ancora più evidente la necessità, già palese ed urgente, di intervenire per ridefinire schemi, modelli e politiche. Per farlo è indispensabile mobilitare i decisori politici, gli enti pubblici e le organizzazioni della società civile affinché non si arresti lo sviluppo di una società e di una cultura plurali, che sappiano riconoscere e coinvolgere le diversità di cui si compongono.

Attualmente Apeiron è impegnata in Italia con diversi progetti che intendono contribuire alla realizzazione di una società equa ed inclusiva:

  • Grazie al sostegno della Regione Emilia Romagna, nel 2019 con il progetto Pari Merito sono state avviate una serie di pratiche di empowerment femminile innovative, in una prospettiva interculturale e di genere volte a favorire la riduzione del “gender gap” sul lavoro, una maggiore conciliazione dei tempi vita-lavoro, nonché la qualificazione dell’attività lavorativa delle donne, rafforzandone il ruolo nell’economia e nella società. Dopo la conclusione del progetto pilota (scarica qui il quaderno sull’esperienza dei corsi per donne straniere), nel 2022 si è svolta una nuova edizione del progetto, arricchita di nuove azioni progettuali rivolte a donne italiane e straniere nei territori di Cesena e Parma. Inoltre a partire dal 2023 ha preso il via, sempre grazie al sostegno della Regione Emilia Romagna, il progetto HER CHANCE, che si prefigge nel corso del 2024 di sostenere l’orientamento e l’inserimento (o re-inserimento) lavorativo di 40 donne, nei territori di Cesena e Imola, rafforzando la presenza e il ruolo delle donne nell’economia e nella società, oltre che di favorire l’empowerment individuale e collettivo contrastando gli stereotipi di genere nel mondo del lavoro. Clicca qui per saperne di più sul progetto.
  • Sempre grazie al sostegno della Regione Emilia Romagna con il progetto “INTRECCI”, nonchè in stretta sinergia con il Comune di Cesena nell’ambito del percorso partecipato “Con.Te.Sto” con “LIBRO LIBERA TUTTI”, nel corso del 2021/2022 abbiamo realizzato diversi interventi educativi nella provincia di Forlì-Cesena rivolti alla fascia adolescenziale 11-14 anni, un periodo della vita estremamente delicato sotto molteplici aspetti e nello stesso tempo di grande importanza per costruire cittadini e cittadine più consapevoli. Lo scopo degli incontri, guidati e facilitati da una pedagogista esperta in questo ambito, è quello di sostenere il protagonismo dei giovani e ampliare le possibilità di incontro e scambio tra generazioni diverse. Grazie ad una piccola biblioteca itinerante e ad incontri di lettura interattivi, i/le giovani lavorano su stereotipi e pregiudizi, indagando il peso delle discriminazioni nella loro vita e ricevendo un aiuto concreto a sviluppare relazioni non discriminatorie e a promuovere la parità e l’inclusione. Se vuoi sostenere i nostri interventi educativi in Italia, clicca qui.
  • Sempre nel 2022, in partnership con l’Unione dei Comuni Valle Savio, attraverso il progetto “Il Ponte” è partita una nuova avventura, che vede Apeiron affiancare i servizi sociali per aiutare nuclei mamma-bambino che vivono temporaneamente in un alloggio semi- protetto a realizzare un personale progetto di vita fuori dalle situazioni di violenza, proiettati verso l’indipendenza economica e la libertà.
  • Infine abbiamo iniziato, libro dopo libro, a dare vita alla nostra Biblioteca Apeiron “Oltre le differenze”, un luogo – non esclusivamente fisico – da cui hanno iniziato a partire numerose attività di sensibilizzazione e formazione per contrastare stereotipi e discriminazioni di vario tipo. Attualmente la biblioteca è composta da volumi dedicati sia alla prima infanzia che all’adolescenza e all’età adulta e spazia da albi, a romanzi, a saggi e approfondimenti sui temi del femminismo, dell’uguaglianza di genere, sugli stereotipi, razzismo e bullismo. Se vuoi leggere l’intero progetto “Abbasso gli stereotipi”, che comprende anche la Biblioteca che continuerà a svilupparsi nei prossimi anni, clicca qui. In soluzione di continuità di “Abbasso gli stereotipi”, a partire dal 2023 e per tutto il 2024, sempre grazie al supporto della Regione Emilia Romagna, ha preso il via il progetto “Oltre i luoghi Comuni: parole ed azioni contro gli stereotipi e la violenza di genere” che si propone di rafforzare la prosocialità dei giovani e la sensibilità attorno a tematiche quali la non discriminazione e la cultura della parità e del rispetto ed in generale di aumentare la sensibilizzazione della cittadinanza di Cesena e delle zone limitrofe sulla parità uomo-donna e le pari opportunità.
.
donation